Il Natale si avvicina e, nella maggior parte delle case, accanto all’immancabile abete ricco di addobbi e luci, inizia a comparire il più tradizionale presepe. Se i tempi moderni hanno fatto un po’ perdere la tradizione di ricreare artigianalmente il villaggio della Natività con le proprie mani, magari qualcuno è ancora abituato a dilettarsi con statuine e capanne di legno e forse approfitta ancora di una bella scampagnata per raccogliere muschi e licheni per un soffice tappeto di fondo. Anche per i bambini i licheni evocano l’atmosfera natalizia, dal momento che sono tra i cibi preferiti delle renne. Si tratta di Cladonia rangiferina (dal latino rangifer, ovvero renna), una specie tipica delle regioni sub-polari molto amata da questi mammiferi. In questo clima di feste, la puntata della nostra rubrica sulle piante medicinali è dedicata proprio a questi straordinari organismi, i licheni, un po’ atipici nella loro struttura, come presto scopriremo, ma in grado di produrre una grande quantità di sostanze che, nella storia e ancora oggi, sono state sfruttate per innumerevoli scopi, spesso molto curiosi.
Se qualcuno rammenta ancora i primi studi di scienze naturali alla scuola elementare, probabilmente ricorda anche la correzione della maestra ogni volta che un alunno sosteneva che i funghi fossero piante. “Assolutamente no! I due regni sono ben separati!”. Nel caso dei licheni, però, probabilmente anche la maestra si troverebbe un po’ in difficoltà, dato che questi esseri viventi sono…sia piante che funghi! Proprio così, questi interessantissimi fenomeni della natura non sono altro che il risultato di un’efficace simbiosi tra un fungo (il micobionte), che di solito costituisce lo strato esterno del lichene, o cortex, e un’alga (il fitobionte), che se ne sta ben protetta all’interno ma che, in cambio, produce autonomamente gli zuccheri necessari alla sopravvivenza di entrambi grazie alla fotosintesi. L’unione fa la forza, è il caso di dire.
Questo rapporto mutualistico così speciale è il risultato di una co-evoluzione strategicamente vincente che ha reso i licheni organismi tra i più resistenti in natura, completamente autosufficienti, laddove né il fungo né l’alga lo sarebbero da soli, e anche estremamente longevi (alcuni raggiungono un’età di oltre mille anni). La resistenza fisica consente loro di crescere su una miriade di diverse superfici, naturali e non, come alberi (licheni corticoli e lignicoli), rocce (rupicoli), muschi (muscicoli), suolo (terricoli), ma anche cuoio, vetro, plastica, mattoni, lastre di amianto, asfalto e persino il carapace delle tartarughe o il dorso dei coleotteri! Non a caso, il nome stesso di lichene, coniato da Teofrasto, deriva dal greco λειχήν (leichén), che significa “lambire”, riferendosi proprio alla loro capacità di aderire facilmente a molte superfici. La loro sopravvivenza nell’ambiente dipende anche dalle sue condizioni chimico-fisiche, come la temperatura, il grado di acidità della superficie di crescita, l’umidità o il livello di inquinamento circostante. Anche per questo, i licheni sono spesso sfruttati come utili bioindicatori della qualità dell’aria e come bioaccumulatori, analizzando le sostanze che sono stati in grado di assorbire nel tempo grazie alla loro crescita lenta (1-10 mm/anno) e alla loro longevità.
Al di là della loro utilità nel campo dell’ecologia, i licheni sono da tempo noti per la produzione di diverse sostanze che, nel corso della storia, sono state sfruttate in diversi ambiti, incluse l’arte culinaria e la medicina. Ad oggi sono stati identificati più di mille metaboliti prodotti dai licheni, tra cui acidi lichenici, polisaccaridi, vitamine e carotenoidi, la cui funzione sembra essere principalmente quella di proteggere il lichene dai patogeni esterni, dall’inquinamento o dall’eccessiva esposizione ai raggi solari. Queste proprietà naturali possono però essere di beneficio alla salute umana.
Diversi studi hanno evidenziato azioni antiossidanti e antinfiammatorie in generale, attività dirette contro patogeni specifici quali batteri o virus, ma anche proprietà antiproliferative e citotossiche che possono avere un ruolo nel trattamento di alcuni tumori. Alcuni polifenoli e polisaccaridi contenuti in molte specie di licheni, ad esempio, hanno un ruolo nella difesa contro lo stress ossidativo, tra i fattori che contribuiscono al fisiologico processo di invecchiamento del nostro corpo. Senza entrare troppo nello specifico, basti sapere che fanno aumentare i livelli e l’attività di alcuni enzimi protettivi, come la potente superossido dismutasi, riducendo la produzione di radicali liberi e inibendo l’ossidazione dei lipidi, fenomeni che normalmente contribuiscono allo stress ossidativo. L’inibizione di enzimi che favoriscono l’infiammazione e l’attivazione del nostro sistema immunitario, invece, è alla base delle proprietà antinfiammatorie e antipiretiche di alcune sostanze prodotte dai licheni, come l’acido usnico, che è anche in grado di ridurre il passaggio da gene a proteina di molte molecole tradizionalmente coinvolte nei processi infiammatori, le cosiddette citochine, prime fra tutti la potentissima interleuchina-1 o il fattore di necrosi tumorale-alfa (TNF-α), i primi attori sul palcoscenico dell’infiammazione. Nella tradizione nord-europea, la Cetraria islandica veniva usata per curare le lievi infiammazioni della mucosa orale e delle faringe o il bruciore di stomaco, mentre la Cladonia rangiferina, il piatto preferito delle renne, veniva impiegata contro febbre, tosse e raffreddori.
L’attività antibatterica sembra invece dovuta all’azione dannosa di alcuni acidi lichenici sulla membrana batterica o alla loro capacità di interferire con la riproduzione di questi patogeni. Già ai tempi degli antichi Egizi, i licheni venivano impiegati nella preparazione delle mummie sfruttando le loro proprietà antibiotiche e conservative e il loro uso medicinale era già noto parecchi secoli prima di Cristo. Si pensi che circa la metà dei licheni conosciuti possiede proprietà antibiotiche. Ad esempio, l’acido usnico o l’acido vulpinico (che deve il suo nome proprio al fatto che veniva usato per avvelenare le volpi) esercitano un’azione inibitoria su batteri come lo stafilococco, incluse le specie più resistenti agli antibiotici come il temuto MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina). Alcuni polisaccaridi, invece, esercitano un’azione antivirale in particolare contro i virus dotati essi stessi di una capsula polisaccaridica, o envelope. Già nel 1989, uno studio giapponese aveva evidenziato l’azione di un β-glucano di Umbilicaria esculenta contro HIV (Human Immunodeficiency Virus), il virus dell’AIDS.
Infine, alcuni metaboliti lichenici mostrano proprietà antitumorali, da una parte arrestando il passaggio da una fase di quiescenza della cellula a una di intensa attività e riproduzione, interferendo quindi con il ciclo cellulare, dall’altra innescando direttamente quei meccanismi che portano alla morte cellulare. Purtroppo, molti degli studi condotti finora si sono limitati a dimostrare queste utili proprietà solo su colture di cellule in vitro o comunque sono rimasti confinati all’interno di laboratori di ricerca senza avere un riscontro effettivo sull’essere umano. Tuttavia, il potenziale dei licheni sulla salute umana è sicuramente presente, serve solo approfondirlo e dimostrarlo con studi clinici ben costruiti.
In campo culinario diversi tipi di licheni sono considerati edibili in molte culture, come quella cinese, indiana, medio-orientale e nord-europea, dove vengono consumati stufati, fritti, o usati per decotti o infusi. Dal punto di vista nutrizionale, i licheni non sono particolarmente ricchi di proteine. Quelle presenti, però, contengono molti amminoacidi considerati essenziali. Poche ma buone, quindi. Il basso contenuto di grassi e l’alto apporto di fibre e minerali, inoltre, fanno dei licheni commestibili degli alimenti dall’alto valore nutrizionale. In particolare, poco sodio e più abbondante potassio risultano essere la combinazione vincente per mantenere l’equilibrio acido-base nel nostro organismo e per tenere sotto controllo la pressione. La capacità dei licheni di assorbire come spugne molte sostanze dall’ambiente esterno potrebbe tuttavia costituire un rischio se poi vengono consumati. Uno studio del 2018, per esempio, ha individuato tracce di arsenico, piombo, cadmio e altri elementi tossici nel lichene Cetraria islandica, fortunatamente però a livelli non ancora rischiosi per la salute umana.
Se finora, passando di fianco a un albero o a un gruppo di rocce ricoperte di strane croste di vari colori, avete proseguito senza chiedervi cosa potessero essere, da oggi sappiate che sono il risultato di un’alleanza vincente che la natura ha fatto evolvere nel tempo e che ha portato alla nascita di questi straordinari organismi, i licheni, né funghi né piante, bensì una loro combinazione, con caratteristiche e proprietà sicuramente interessanti da studiare e potenzialmente utili anche per la nostra salute.
Alcune curiosità:
- In Islanda, il Fjallagrös, ovvero la Cetraria islandica, è da tempo considerato un lichene particolarmente pregiato, tanto che in passato veniva usato anche come moneta di scambio. È impiegato tanto in cucina quanto nella farmacopea tradizionale. Lo si ritrova in una sorta di piadina tradizionale, in minestre, per aromatizzare un’acquavite locale, ma anche in pastiglie e sciroppi per la tosse, sfruttando l’attività antibiotico-simile dell’acido usnico e quelle emollienti delle mucillagini come la lichenina.
- Nel XII secolo, un membro di una nobile famiglia fiorentina, Alamanno, durante un viaggio all’estero, forse per espletare un urgente bisogno fisiologico, scoprì casualmente come alcune piccole “piante” prendessero una spiccata colorazione rossa orinandoci sopra. In realtà si trattava di alcuni licheni il cui contatto con l’ammoniaca dell’urina permetteva la precipitazione di un pigmento rosso-violaceo contenuto al loro interno, detto “oricello” (forse da “orina”). La famiglia sfruttò subito questa scoperta per inaugurare un fiorente mercato di prodotti lanieri colorati e cambiò il suo nome in “Oricellari”, successivamente ingentilito nella versione “Rucellai”.
- Il “muschio di quercia” (Evernia prunastri) dona un’inebriante fragranza ad alcuni profumi femminili. Il suo estratto, infatti, compare tra gli ingredienti del famoso profumo Chanel n. 5.
- Il lichene rupicolo Umbilicaria esculenta è noto in Giappone come Iwatake ed è considerato una vera prelibatezza. Alcuni disegni mostrano uomini la cui occupazione era proprio quella di scalare le pareti rocciose, rischiando non poco, per accaparrarsi questa leccornìa.
Riferimenti bibliografici
Conferenza “Licheni: un microcosmo sconosciuto” tenuta dalla Prof.ssa Deborah Isocrono il 29/09/2024 presso il Parco Burcina in occasione dell’evento “Nel Regno dei Funghi – Giornate Micologiche 2024”
Multineddu, M. (2012). Il lichene islandico. Sito web L’erborista.com.
Pasqua, G., Abbate, G., Forni, C. Botanica Generale e Diversità Vegetale IV edizione. (2019). Ed. Piccin.
Zambare, V. P., & Christopher, L. P. (2012). Biopharmaceutical potential of lichens. Pharmaceutical Biology, 50(6), 778–798.
Zhao, Y, Wang, M, Xu, B. (2021). A comprehensive review on secondary metabolites and health-promoting effects of edible lichen. Journal of Functional Foods, 80, 104283.