Il termine “mielodisplasia” deriva dal greco: “mielo”, ossia cellule del sangue, e “displasia”, ossia anomalo sviluppo o crescita.
Le mielodisplasie (MDS), anche dette sindromi mielodisplastiche, sono un gruppo di tumori del sangue in cui il midollo osseo, che rappresenta “la fabbrica” dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine, non riesce a produrre abbastanza cellule sane e mature, che quindi si arrestano a uno stadio immaturo di differenziazione. Queste cellule immature vengono dette “blasti”.
Colpiscono principalmente le persone anziane: in Italia, le persone colpite da mielodisplasie sopra i 70 anni sono circa 50 ogni 100.000 abitanti.
Cause
Le cause della maggior parte delle mielodisplasie sono sconosciute. Si sa che, all’inizio, una cellula staminale del midollo osseo subisce modifiche al DNA e comincia a produrre cellule anomale che non riescono a completare il loro percorso di maturazione. Non è però noto il meccanismo che dà il via a questo processo. Esistono però forme di mielodisplasia cosiddette “secondarie” che possono manifestarsi a seguito di esposizioni a sostanze chimiche, come benzene, piombo, solventi, o precedente chemioterapia o esposizione a radiazioni.
Sintomi
I sintomi e il decorso delle mielodisplasie variano in modo significativo da paziente a paziente, in base al tipo di cellula ematica colpita. Molto spesso, il riscontro della patologia è occasionale, ovvero in pazienti senza sintomi riferibili alla mielodisplasia.
Qualora presenti, i sintomi più frequenti sono legati all’anemia (livelli di emoglobina inferiori alla norma):
• senso di stanchezza;
• scarsi livelli di attenzione e di capacità di concentrazione;
• inappetenza o perdita di peso;
• cute pallida;
• difficoltà respiratorie;
• battito cardiaco accelerato.
Bassi livelli di globuli bianchi possono causare:
• infezioni ricorrenti;
• infezioni e infiammazioni della bocca.
Bassi livelli di piastrine possono causare:
• presenza di lividi o emorragie, anche a seguito di colpi o graffi di piccola entità;
• presenza di “macchioline rosse” (dette petecchie) agli arti inferiori, o in sede di sfregamenti dei vestiti (per esempio, in corrispondenza di elastici), o ancora al cavo orale;
• gengive sanguinanti (gengivorragia);
• sanguinamenti nasali (epistassi);
Diagnosi
Per giungere a una corretta diagnosi e a un corretto inquadramento della malattia sono necessari diversi esami.
• Esami del sangue: l’emocromo, la formula leucocitaria ed eventuali altri parametri come il dosaggio dell’eritropoietina, i livelli di ferro, di vitamina B12 e folati.
• Aspirato midollare: tramite un ago si preleva un campione di sangue midollare dalla cresta iliaca posteriore, che verrà poi esaminato al microscopio per verificare la percentuale di blasti e di cellule displastiche.
• Biopsia osteomidollare (BOM): si tratta di un prelievo di un frammento di tessuto osseo che contiene il midollo osseo, che è la fabbrica delle cellule del sangue. Questo esame serve per valutare il numero dei diversi tipi di cellule, il livello di maturazione delle stesse e la presenza di cellule estranee.
• Citogenetica: permette di studiare i cromosomi delle cellule e di verificare se vi siano eventuali alterazioni, utili a un corretto inquadramento della mielodisplasia e della terapia.
• Citofluorimetria: è un test di laboratorio che consiste nell’analisi di cellule ematiche del midollo osseo, offrendo un quadro dettagliato dei tipi e dei livelli di cellule ivi presenti.
Classificazione
Le mielodisplasie sono suddivise in sottotipi sulla base dei risultati degli esami del sangue e degli esami effettuati sul midollo. Secondo la classificazione della Organizzazione mondiale della sanità (WHO, World Health Organization) si distinguono sei forme principali: RCUD (Citopenia Refrattaria con displasia unilineare), RARS (Anemia Refrattaria con sideroblasti ad anello), RCMD (Citopenia Refrattaria con displasia multilineare), RAEB 1 (Anemia Refrattaria con eccesso di blasti 1), RAEB 2 (Anemia Refrattaria con eccesso di blasti 2), Delezione 5q isolata e MDS-U (mielodisplasienon classificabili).
Prognosi
L’insieme dei dati clinici e biologici permette di ottenere importanti indicazioni prognostiche, ossia di comprendere se e quanto velocemente la mielodisplasia potrebbe progredire verso un quadro di leucemia. La stratificazione prognostica permette di stabilire la strategia terapeutica migliore per ogni paziente. Esistono diverse classificazioni prognostiche, la più utilizzata è: l’International Prognostic Scoring System (IPSS) e il suo calcolo si basa sulle caratteristiche citogenetiche, sul numero e tipo di citopenia e sulla percentuale di blasti nel midollo.
A ogni fattore viene associato un punteggio e la somma di questi punteggi fornisce lo score IPSS per ogni singolo paziente.
Recentemente è stato introdotto il Revised International Prognostic Scoring System (IPSS-r), che pone molta importanza alle anomalie citogenetiche.
Terapia
Il trattamento viene iniziato solo quando compaiono i sintomi causati dall’anemia o dalla carenza di globuli bianchi e piastrine. Esistono diversi approcci di trattamento tra cui:
• terapia di supporto: trasfusioni di globuli rossi o di piastrine. Ripetute trasfusioni possono però portare a un accumulo di ferro negli organi e per contrastare questo fenomeno si usano farmaci chelanti del ferro. In alternativa alle trasfusioni di globuli rossi, si può impiegare l’eritropoietina ricombinante (cioè prodotta in laboratorio), che corrisponde all’eritropoietina dell’organismo umano, un ormone deputato a favorire la produzione dei globuli rossi;
• antibiotici per contrastare le infezioni ricorrenti;
• ipometilanti come 5-azacitidina e decitabina, questi farmaci bloccano un meccanismo di regolazione del DNA chiamato metilazione, che è iperattivo nelle cellule patologiche;
• farmaci immunosoppressori, cioè farmaci che inibiscono il sistema immunitario;
• chemioterapia ad alte dosi, riservata ai pazienti che presentano una quantità alta di blasti o a pazienti più giovani;
• trapianto di cellule staminali ematopoietiche da donatore (trapianto allogenico): attualmente è l’unico trattamento che può portare a una guarigione. Rappresenta una terapia salvavita e viene effettuato in una minoranza dei pazienti che possiedono un buon perfomance status (buone condizioni cliniche generali) e particolari caratteristiche biologiche.
Bibliografia
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