Con questi versi Wolfgang Goethe si interroga sul significato nascosto della particolarissima foglia di Gingko biloba, uno strano albero che affascina il poeta tedesco, al punto che nel lontano 1815, ammirandone un esemplare in un giardino di Francoforte, ne coglie una foglia da donare alla sua amata Marianne “come simbolo di amicizia”. Il significato di questo gesto è però ancora più profondo: la peculiare forma a due lobi della foglia di Gingko diventa l’emblema di due amanti che si uniscono nell’amore. Questo affascinante albero si presenta da subito associato a un significato che va ben oltre le sue caratteristiche botaniche e che lo ha reso circondato da un senso di mistero quasi magico, successivamente sfociato nella ricerca delle proprietà curative di questa interessante pianta.
Il Gingko biloba è uno degli alberi più antichi della storia del mondo. I primi accenni alla sua presenza in alcune aree della Cina risalgono all’undicesimo secolo, quando fu menzionato da un poeta cinese. In seguito, grazie anche al medico tedesco settecentesco Engelbert Kaempfer, che ne fu estasiato a Nagasaki durante un viaggio per conto della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, questo albero si è diffuso ampiamente in Europa, soprattutto per la sua capacità di adattarsi molto bene a diversi ambienti climatici. In realtà, però, alcuni fossili botanici ritrovati in diverse aree del mondo suggeriscono che il Gingko esistesse già 250 milioni di anni fa. Probabilmente gli stessi dinosauri (almeno quelli vegetariani) si cibavano delle sue tenere foglie! A ben vedere, questo albero non ha nulla a che vedere con le tipiche caratteristiche botaniche dei suoi vicini di casa, è quasi uno scherzo della natura. Non appartiene infatti né al genere delle conifere, né a quello delle latifoglie. È classificato all’interno delle Gymnosperme (dal greco “seme nudo”), tra le più antiche nel percorso evolutivo dei vegetali. La sua foglia, un simpatico ventaglietto che in autunno tinge i marciapiedi di puro oro e da cui deriva l’epiteto “biloba”, è ben diversa da quelle a cui siamo abituati, con venature disposte in forma di fittissimi raggi invece della tipica venatura centrale da cui si dipartono numerose e delicate ramificazioni. Il Gingko è un vero e proprio fossile vivente e lo testimonia anche la sua particolare modalità di riproduzione, tramite semi piuttosto rudimentali, strutture simili a piccole noci ricoperte da un involucro carnoso, peraltro piuttosto maleodorante, e non protette da un vero e proprio ovaio come i classici frutti di un albero, ma nudo (da cui il termine Gymnosperme). Un piccolo aneddoto: il Gingko impiega ben 30-40 anni prima di raggiungere la maturità riproduttiva. Proprio per questo motivo, è anche noto come l’”albero del nonno e del nipote”, perché ci vogliono ben tre generazioni prima che dia frutti! Come si dice, “chi va piano va lontano” e il Gingko, la cui intera esistenza è impostata in un’ottica di longevità, sembra apprezzare questo detto in modo particolare. Se dovessimo descrivere la personalità di questa magnifica pianta, il termine più appropriato sarebbe resilienza, ovvero capacità di adattamento. Non a caso, alcuni esemplari sono addirittura sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima!
Ma veniamo agli aspetti più scientifici. Le proprietà terapeutiche del Gingko sono note sempre grazie ai Cinesi. In Oriente questa pianta è circondata da un’aura di mito e magia e in molte regioni è considerata un albero sacro. Non stupisce quindi che ne sia stato studiato anche il suo potenziale curativo. In un libro di medicina cinese risalente al Cinquecento si accenna già agli effetti benefici della foglia e delle noci dell’albero, soprattutto nel trattamento di patologie di cuore e polmoni. Successivamente, gli estratti di Gingko sono entrati definitivamente nella farmacopea orientale moderna come rimedio contro tosse, asma e disturbi della circolazione e, più recentemente, sono apparsi anche nella fitoterapia occidentale, in particolare a partire dalla seconda metà del Novecento, dopo che un gruppo di ricercatori tedeschi ne dimostrò l’effetto stimolante sulla circolazione sanguigna.
Negli ultimi anni l’estratto di Gingko, che è stato recentemente standardizzato con il nome di EGB761 (codice che si riferisce alle molecole ottenute dalle sue foglie), è stato anche studiato in relazione alla malattia di Alzheimer, patologia secondaria ad un anomalo deposito di due proteine morfologicamente alterate, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che tendono rispettivamente a formare placche extracellulari e grovigli simili a matasse all’interno delle cellule, che finiscono per compromettere il funzionamento dei neuroni, causandone addirittura la morte, soprattutto in alcune aree del cervello come quelle dedicate alla memoria, tra le prime funzioni cognitive ad essere compromesse in un malato di Alzheimer. Per questa patologia oggi ancora non ci sono farmaci in grado di invertire il decorso; a tal proposito, l’’estratto di Gingko sembra esercitare un effetto protettivo nei confronti della degenerazione dei neuroni tipica di questa patologia e di altre forme di demenza senile, modulando l’infiammazione e il danno ossidativo che si accompagnano alla patologia. Queste, rispettivamente, . Esiste infatti un forte legame tra la neurodegenerazione tipica della demenza e quella che viene definita “neuroinfiammazione”. Sia nella malattia di Alzheimer propriamente detta, sia nelle forme di demenza legate a un’alterazione della circolazione sanguigna del cervello, come la demenza vascolare, il danno al tessuto cerebrale attira diverse cellule coinvolte nell’infiammazione, tra cui la microglia, scatenando un effetto domino in cui vengono prodotte diverse molecole proinfiammatorie e i temuti radicali liberi, che danneggiano direttamente i neuroni creando uno stress ossidativo. In questo scenario si inseriscono le numerose molecole contenute nell’estratto di Gingko, tra cui diversi flavonoidi come la quercetina, terpenoidi noti come Gingkolidi, polifenoli e acidi organici come l’acido gingkolico, esercitando i loro effetti prevalentemente antiossidanti e antinfiammatori. Ma non è tutto. Sembra infatti che alcune sostanze contenute in questa pianta contrastino la morte cellulare e promuovano la proliferazione e la differenziazione dei neuroni, oltre che la plasticità sinaptica, quel processo di – per rimanere in tema botanico – “potatura” delle connessioni neuronali che consente di eliminare quelle meno utili e rafforzarne altre. Per esempio, il kaempferolo, uno dei flavonoidi che il Gingko ci offre, esercita un effetto neuroprotettivo facendo aumentare l’espressione di un mediatore noto come “fattore neurotrofico derivato dal cervello” (BDNF, brain-derived neurotrophic factor), necessario per mantenere la struttura, o trofismo, dei neuroni. Infine, l’estratto di Gingko migliora la circolazione sanguigna facendo aumentare i livelli di ossido nitrico, dalle proprietà vasodilatatorie, e quindi l’irrorazione dei tessuti. Grazie a queste sue proprietà, l’estratto di Gingko è l’unico fitofarmaco raccomandato dalle linee guida nel trattamento della demenza ed è stato registrato in più di 70 paesi del mondo.
Occorre tuttavia prestare attenzione a non farsi prendere da eccessivo ottimismo. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia degli estratti di Gingko sulla memoria, sull’attenzione e su altre funzioni cognitive nei malati di Alzheimer, ma ci sono anche ricerche che non hanno raggiunto conclusioni particolarmente significative. Ciò dipende prima di tutto dalla qualità dello studio, ma anche dalla dose assunta dai pazienti, dalla durata del trattamento e dalla gravità di compromissione cognitiva al momento dell’avvio della terapia. Ad esempio, una revisione della letteratura che ha considerato 12 studi clinici sugli effetti degli estratti di Gingko sulla demenza di Alzheimer ha concluso che non c’è sufficiente evidenza di un effetto benefico a meno che il trattamento non duri almeno 22 settimane a una dose di almeno 200 mg al giorno. Inoltre, sembra che l’effetto sia significativo soprattutto nelle persone più giovani e meno in età avanzata e quando il grado di demenza è lieve-intermedio piuttosto che severo.
La strada per comprendere le vere potenzialità di questa pianta straordinaria è ancora lunga e sono necessari altri studi clinici ben architettati. La longevità e la resilienza del Gingko sembrano però suggerire che qualche proprietà benefica questo albero la debba avere davvero, uno spiraglio di speranza per i pazienti che soffrono di demenza.
CARTA DI IDENTITA’ BOTANICA
Nome comune: Ginkgo
Nome latino: Ginkgo biloba Famiglia: Ginkgoaceacae |
Caratteristiche morfologiche
Portamento Chioma piramidale larga fino 9 m; fusto alto fino 30 m, rami in verticilli più o meno orizzontali, corteccia bruno-argentea a tessitura fessurata negli esemplari adulti Foglia Foglia verde chiara, lamina a forma di ventaglio bilobo, con margine più o meno crinato-lobato, nervature divise a due a due; picciolo di 3-7 cm inserito su corti rametti. In autunno assume una colorazione giallo intenso. Fiori Specie dioica (gli esemplari maschi sono distinti dagli esemplari femmine). Fiori maschili lunghi 6-8 cm e femminili poco appariscenti, su peduncoli di 4-5 cm. Semi/Frutti Semi con lungo picciolo, rivestiti da un involucro carnoso, ovoidale, di colore giallo-verde, con odore sgradevole a maturità e ricco di sostante irritanti e tossiche; all’interno di questo involucro è presente una parte legnosa. La parte interna del seme è commestibile in piccola quantità dopo la torrefazione. |
Impollinazione
Anemofila (tramite il vento). |
Distribuzione
Specie originaria della Cina centrale, coltivata industrialmente in Europa, Stati Uniti, Corea, Giappone; è inserita artificialmente e di frequente nei giardini fino a 600 m di quota. Specie aliena in Italia. |
Ecologia
Eliofila, sopporta basse temperature; predilige terreni acidi, drenati e non asfittici. |
Curiosità
Viene considerato un fossile vivente poiché unico rappresentante di un genere che durante il Mesozoico comprendeva molte specie diffuse in tutto l’emisfero boreale. Fu introdotto in Italia intorno alla metà del Settecento. Pianta utilizzata a scopo ornamentale e a fini medicinali: le foglie hanno proprietà stimolanti della circolazione e contro l’invecchiamento cellulare. In Estremo Oriente i semi sono considerati una prelibatezza e vengono mangiati dopo essere stati arrostiti. |
Fonti
- Il segreto del Gingko e una poesia di Goethe. Testo di una conferenza tenuta dalla Storica dell’arte Martina Brunner-Bulst sabato 12 maggio 2007 presso il teatro Giotto di Vicchio di Mugello.
- Biblioteca degli Alberi Milano. Gingko – Scheda botanica.https://bam.milano.it/schede-botaniche/ginkgo/
- Bergaglio R. Ginkgo biloba, declino cognitivo e demenza. L’Erborista. Pubblicato il 25 ottobre 2017. https://www.lerborista.it/2017/10/25/11608/
- Lopes de Oliveira Pagotto G, Dos Santos LMO, Osman N, et al. Ginkgo biloba: A Leaf of Hope in the Fight against Alzheimer’s Dementia: Clinical Trial Systematic Review. Antioxidants. 2024;13(6):651-686. doi:10.3390/antiox13060651
- Yuan Q, Wang C wen, Shi J, Lin Z xiu. Effects of Ginkgo biloba on dementia: An overview of systematic reviews. J Ethnopharmacol. 2017;195:1-9. doi:10.1016/J.JEP.2016.12.005