Per alcuni esperti il tumore può essere considerato una malattia della vecchiaia: oltre il 60% dei nuovi casi che vengono diagnosticati ogni anno – in Italia oggi sono circa 365 mila – riguardano persone che hanno superato i 65 anni. Dopo questa soglia d’età, il rischio di sviluppare una neoplasia diventa 40 volte più alto rispetto alla fascia 20-40 anni, e quattro volte maggiore rispetto a quella compresa tra 45 e 64 anni.
L’aumento della popolazione anziana e dell’aspettativa di vita rende cruciali sia la tempestività sia l’efficacia della cura adottata, che deve essere calibrata sulla singola persona per assicurarle una sopravvivenza più lunga e una migliore qualità di vita.
Tra i tumori più diffusi nel mondo c’è il tumore del colon-retto, il terzo per incidenza dopo il tumore del seno femminile e quello del polmone. In Italia ne vengono diagnosticati oltre 48 mila nuovi casi all’anno, lievemente più frequenti negli uomini rispetto alle donne. Va tuttavia ricordato che negli ultimi 20 anni la mortalità è diminuita di circa il 10% grazie alle campagne di prevenzione e di screening e alle cure sempre più innovative e mirate. Vediamo di seguito di cosa si tratta, come si manifesta e di quali mezzi disponiamo oggi per affrontarlo con successo.
Cos’è il tumore del colon-retto e come si manifesta
Il tumore del colon-retto è la conseguenza di una crescita incontrollata delle cellule epiteliali della mucosa che riveste la parte interna dell’intestino, e che danno origine a piccole escrescenze chiamate polipi. Si formano nei tessuti del colon, che è la parte più lunga dell’intestino crasso – la cui funzione principale è assorbire l’acqua per compattare le feci – oppure del retto, che è la parte dell’intestino più vicina all’ano; i tumori che colpiscono il colon sono tre volte più frequenti dei tumori del retto.
È importante ricordare che non tutti i polipi evolvono in tumori maligni: molti sono forme tumorali benigne, e solo una piccola percentuale si trasforma in forme precancerose prima, e successivamente – in un arco di tempo che va dai 7 ai 15 anni e in minima parte – in neoplasia maligna.
Circa i sintomi, spesso non ce ne sono, altre volte si verificano alcune perdite di sangue, che possono essere visibili a occhio nudo, oppure rilevabili con un esame apposito delle feci per la ricerca del cosiddetto “sangue occulto”. Altri sintomi, come il mal di pancia, la stanchezza, la perdita di appetito, la stitichezza alternata a diarrea, sono comuni ad altre malattie addominali e intestinali, e vengono spesso trascurati dalla persona che ne soffre, ma possono essere, al contrario, dei veri e propri campanelli d’allarme a cui va prestata subito attenzione.
Una diagnosi multidisciplinare per una terapia personalizzata
Gli studi e le esperienze cliniche più recenti hanno dimostrato che è possibile trattare in modo ottimale il tumore al colon-retto a condizione che ci sia una presa in carico personalizzata, una diagnosi (molecolare) accurata e precoce, scelta e dosaggi adeguati dei farmaci.
La persona anziana presenta infatti alcune criticità che vanno considerate dal momento della diagnosi e durante l’intero percorso terapeutico: per esempio, potrebbe già avere altre malattie, alcune croniche, per le quali assume regolarmente farmaci che possono interferire con le terapie antitumorali. Un ulteriore elemento critico è, in taluni casi, la difficoltà a comprendere a pieno in cosa consista la malattia, la sua evoluzione e le cure disponibili. Nei maggiori centri ospedalieri alla figura dell’oncologo si affianca per questo quella del geriatra, e oggi – sempre più frequentemente – le due figure specialistiche si fondono in un unico professionista sanitario, l’oncologo geriatrico, che risulta maggiormente in grado di comprendere i bisogni, le difficoltà fisiche e gli eventuali impedimenti sociali, culturali o cognitivi della persona anziana.
Ma la gestione della malattia nell’anziano richiede il contributo anche di altri specialisti, che collaborano all’interno di un ampio team multidisciplinare per garantire all’individuo una terapia personalizzata e una migliore qualità di vita: insieme all’oncologo e al geriatra lavorano in squadra il medico di medicina generale, il gastroenterologo, il radiologo, l’anatomo-patologo e il biologo molecolare, l’infermiere, il farmacista – e spesso è necessaria la partecipazione dello psichiatra o dello psicologo, del nutrizionista e dell’assistente sociale. L’attenta valutazione funzionale dello stato fisico e mentale della persona, delle sue preferenze, e delle relazioni sociali su cui può contare, è infatti fondamentale per consentirle una piena adesione (in inglese viene chiamata compliance) al protocollo di cura dopo la diagnosi del tumore.
La prevenzione, un’arma contro il tumore del colon-retto
Lo screening gratuito di massa, che in Italia viene attuato con cadenza biennale, è un mezzo di prevenzione efficace: rivolto alla fascia di età compresa fra 50 e 69-70 anni, ha l’obiettivo di riconoscere e rimuovere forme tumorali precoci, o lesioni precancerose, per prevenire l’insorgenza del tumore del colon-retto. Il successo di queste campagne di prevenzione è dimostrato dai numeri: dal 2021 ad oggi è stato registrato il 20% in meno di questa tipologia di tumore, e dal 2008 al 2016 l’incidenza è diminuita ogni anno del 3-4%. Una controprova dell’efficacia dello screening di massa è il dato relativo alla popolazione fino a 50 anni, che non essendo ancora coinvolta nella campagna preventiva, ha registrato un aumento annuo dello 0, 4%, in particolare nelle persone più giovani, di età intorno ai 30 anni.
Quali sono i fattori di rischi
Anche per il tumore del colon-retto non sono del tutto note le diverse cause che provocano la malattia. Sappiamo però che i fattori di rischio sono molteplici e interagiscono fra loro in modo complesso, e sono principalmente legati allo stile di vita della persona, al suo patrimonio genetico e ad altri elementi non legati all’ereditarietà (come l’età).
Tra i fattori che rientrano nello stile di vita, va citata l’alimentazione – in particolare una dieta ricca di proteine animali e grassi saturi, e povera di fibre e vegetali, che spesso porta al sovrappeso, all’obesità e conseguentemente a una maggiore sedentarietà.
Anche il fumo e l’abuso di alcol sono fattori di rischio che fanno parte dello stile di vita adottato dalla persona.
Circa l’influenza dei fattori genetici, che pesano per circa il 10% di tutti i tumori del colon-retto, sappiamo che è possibile ereditare la predisposizione a questa forma di neoplasia, quando nella famiglia ci sono casi di poliposi adenomatose, sindrome di Lynch, e carcinoma ereditario del colon-retto; si calcola infatti che la probabilità di trasmettere ai figli l’alterazione genetica sia del 50%.
Quali esami eseguire per la conferma della diagnosi
Se l’esame del sangue occulto nelle feci ha dato esito positivo, viene eseguita la colonscopia, un’esplorazione del colon-retto con apposito tubo flessibile, che consente di osservare la presenza di polipi, eventualmente rimuovere piccoli tumori e prelevare un pezzetto di tessuto per l’esame istologico (biopsia), per profilare il tumore da un punto di vista molecolare: i geni espressi danno luogo a manifestazioni ed evoluzioni diverse della malattia, che richiedono strategie terapeutiche differenti e mirate. Il medico può completare il quadro clinico ascoltando la storia familiare della persona, eseguendo la palpazione dell’addome, ed esplorando il retto manualmente per accertare la presenza di un tumore già palpabile.
Il medico può inoltre prescrivere alcuni esami del sangue e delle urine per verificare o confermare la presenza di alcuni marcatori (biomarker) specifici della malattia, per esempio l’antigene tumorale carcino-embrionario (CEA), o il CA 19.9, e verificare alcune mutazioni genetiche, che consentono una medicina di maggiore precisione, tramite l’utilizzo di farmaci biologici – detti anche “a bersaglio molecolare” – o immunoterapici.
Quali sono le cure disponibili
Il trattamento standard è la chirurgia. Quando la malattia è in uno stadio iniziale si interviene in modo conservativo con l’asportazione solo del tumore; quando invece il tumore è in stadio più avanzato, può essere rimosso anche il colon in modo parziale o totale – la persona sarà sottoposta a uno o più cicli di chemioterapia, e se necessario a successiva chirurgia ricostruttiva per ripristinare la continuità del tratto digerente. Talvolta la chemioterapia può precedere l’intervento, e in questo caso si parla di “chemioterapia neoadiuvante”; il medico può inoltre avvalersi sia di radioterapia che di chemioterapia, spesso in modo combinato fra loro, e in associazione con i farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapici: di questi ultimi, alcuni sono diretti contro il fattore di crescita di nuovi vasi sanguigni (VEGF), altri contro il fattore di crescita dell’epidermide (EGFR), entrambi fattori co-responsabili dello sviluppo del tumore del colon-retto, e in taluni casi utilizzati anche prima dell’intervento chirurgico.
Bibliografia
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