A cura di Elena Villar e Carmela Rinaldi

L’invecchiamento attivo secondo l’OMS

Uno strumento fondamentale per contribuire a vincere la difficile sfida degli effetti dell’invecchiamento sullo stato di salute psico-fisica è rappresentato dalla promozione dell’invecchiamento attivo, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “il processo di ottimizzazione delle opportunità relative alla salute, partecipazione e sicurezza, allo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone anziane” (WHO, 2015).

Secondo l’OMS i pilastri dell’invecchiamento attivo sono quindi tre: salute, partecipazione e sicurezza.

Il primo pilastro: la salute

Con riferimento al pilastro “salute”, questa viene intesa come salute fisica, mentale e sociale. Tra gli anziani, esempi di componenti di salute fisica comprendono la prevenzione e/o gestione delle malattie croniche, delle cadute e la promozione di stili di vita salutari.

Gli aspetti del benessere mentale comprendono il mantenimento delle abilità cognitive, la gestione dello stress e di eventi negativi, il concetto di sé e l’umore.

La salute sociale riguarda la dimensione e qualità della rete sociale e di supporto, le interazioni sociali e la partecipazione alla vita comunitaria. In sostanza, per mantenere una buona salute nel percorso di invecchiamento, è necessario sviluppare e mantenere quelle abilità funzionali che consentono di vivere una vita autonoma e indipendente in età avanzata.

Le abilità funzionali sono costituite dalle capacità fisiche e mentali di un individuo (definite capacità intrinseche), dalle caratteristiche del suo contesto di vita (ambiente) e dalle interazioni tra l’individuo e queste caratteristiche. Ad esempio, le persone anziane che hanno difficoltà nel camminare potrebbero conservare l’autonomia nella mobilità usando opportuni ausili e vivendo in un ambiente che possa mitigarne il deficit.

Il secondo pilastro: la partecipazione

Il pilastro “partecipazione” si riferisce alla possibilità dell’anziano di essere risorsa. Essere risorsa per la propria famiglia significa, ad esempio, contribuire all’attivo scambio di conoscenza, competenze e memorie tra diverse generazioni. Oppure vuol dire anche fornire loro supporto e cure, come nel caso abbastanza diffuso dei “nonni baby sitter”.

Un anziano può però continuare a essere risorsa anche per la collettività. Questo può significare la cittadinanza attiva: partecipare a tutta una serie di attività negli affari economici, culturali e civili, ad esempio nei modi e nelle forme dell’associazionismo del Terzo Settore.

Infine può anche significare un prolungamento della partecipazione degli anziani alla forza lavoro. Su questo pilastro si è principalmente concentrato il discorso pubblico sull’invecchiamento attivo, volto a prolungare l’attività lavorativa (l’obiettivo europeo è quello del 75% di individui attivi nella fascia di età 55-65) e, al contempo, a promuovere un impegno sulla partecipazione al lavoro non retribuito, che produce benefici sia per gli individui interessati – in termini di crescita e arricchimento personale, di benessere mentale e di salute sociale – che per le società in cui vivono.

Il terzo pilastro: la sicurezza

Infine, il pilastro “sicurezza” riguarda la possibilità degli anziani di appoggiarsi ad adeguate risorse economiche, infrastrutturali e sociali che permettano loro di non correre rischi per la salute, anche intesa in senso lato.

Ne sono esempi la disponibilità di un’abitazione propria, di un ambiente sociale sicuro e protetto, nonché la presenza di un reddito sufficiente a preservare dal rischio di una vita non dignitosa.

Del concetto di “sicurezza” come pilastro dell’invecchiamento attivo fa parte anche una dimensione di responsabilizzazione e di autodeterminazione degli anziani. Essere in prima persona capaci di riconoscere le situazioni di rischio e sapere cosa è meglio fare per affrontarle può fare la differenza, per esempio essere a conoscenza di programmi di cura e di tutele.

Rientrano in quest’ambito le conoscenze su come prevenire il rischio di colpi di calore e disidratazione durante la stagione estiva, la consapevolezza dei piani vaccinali e di screening delle malattie tipiche della terza età, la conoscenza di come assumere i farmaci in modo corretto e la conoscenza delle attività sociali pensate specificatamente per gli anziani e messe a disposizione nel territorio.

In ultimo, la sicurezza ha anche una componente attitudinale, valutare positivamente il proprio stato di salute e guardare al proprio futuro con ottimismo proteggono dal declino delle funzioni fisiche e cognitive.

Un concetto multidimensionale

Risulta quindi evidente come il concetto di invecchiamento attivo sia multidimensionale, in quanto si riferisce a diverse sfere della vita tra loro interconnesse e, elemento più importante, sposta finalmente l’attenzione dai bisogni della persona anziana ai suoi diritti e opportunità.

Invecchiare in modo attivo significa invecchiare in buona salute, partecipare appieno alla vita della collettività e sentirsi più realizzati nello svolgere le attività, remunerate e non, che più ci rappresentano. In poche parole, significa essere più autonomi nel quotidiano e più impegnati nel sociale, concetti molto importanti, ma che potrebbero risuonare troppo astratti.

È naturale quindi chiedersi come si possa concretamente valutare la capacità di un paese di favorire l’invecchiamento della propria popolazione. A tal fine, è stata elaborata un’unità di misura apposita: l’Active Ageing Index.

Come misurare l’invecchiamento attivo: l’Active Aging Index

L’Active Ageing Index (AAI) è uno strumento promosso da vari paesi europei, tra cui l’Italia, per misurare il livello di invecchiamento attivo nella popolazione. L’AAI quantifica in quale misura le persone anziane possono realizzare il loro potenziale in tre domini:

  • Occupazione;
  • Partecipazione sociale;
  • Vita indipendente, sana e sicura.

Un quarto dominio cattura la capacità dei paesi di creare un ambiente favorevole all’invecchiamento attivo. Ogni dominio è costituito da specifici indicatori. Ad esempio, gli indicatori del dominio “Vita indipendente, sana e sicura” sono: esercizio fisico, accesso ai servizi sanitari, vita indipendente, sicurezza finanziaria, incolumità fisica e apprendimento permanente. Questi indicatori sono stati scelti per la loro capacità di catturare gli aspetti multidimensionali dell’invecchiamento attivo.

Nel 2018, a livello europeo, l’AAI variava dal punteggio più basso della Grecia pari a 27,7 a quello più elevato della Svezia, pari a 47,2. L’Italia, con un punteggio di 33,6 si collocava al di sotto della media europea di 35,7.

Un piano nazionale per l’invecchiamento attivo

L’Italia, nella promozione dell’invecchiamento attivo, si comporta quindi peggio della media europea. Interventi prioritari riguardano l’occupazione – nonostante i grandi progressi ottenuti negli ultimi anni in seguito alle riforme del sistema pensionistico – e la promozione di una vita indipendente, sana e sicura.

Questi risultati sono l’amaro frutto di interventi molto limitati a livello nazionale. Sostanzialmente, non è stato finora adottato un piano nazionale sulle politiche di invecchiamento attivo, ma interventi mirati di volta in volta a particolari ambiti e non inseriti in un quadro di coordinamento generale. Ad esempio, i programmi di promozione e prevenzione della salute sono altamente frammentati sia a livello regionale che a livello locale. Si pensi al grande numero di iniziative di singole Asl, Fondazioni o Associazioni nel promuovere attività fisica e socialità tra gli anziani.

La promozione dell’invecchiamento attivo, però, non può essere delegata alla libera iniziativa di singoli o di gruppi, ma deve essere sostenuta attraverso politiche pubbliche che riconoscano ad ognuno il diritto e la responsabilità di avere un ruolo attivo e partecipe alla vita della comunità in ogni fase della vita, compresa quella anziana.

Riferimenti

 

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