Come molti sanno, la chirurgia (dal greco χείρ “mano” e ἔργον “lavoro”) ha origini antichissime: nel museo di Losanna, in Svizzera, è conservato un cranio con evidenti segni di trapanazione risalente al Neolitico (sembra addirittura che il paziente sia sopravvissuto all’intervento); all’ingresso del tempio di Menfi, in Egitto, si trova il bassorilievo più antico rappresentante un intervento chirurgico (una circoncisione per l’esattezza). Di pari passo con l’evoluzione della società umana, anche la chirurgia si è evoluta, passando dall’utilizzo di strumenti rudimentali come la silice, a veri e propri utensili chirurgici già presso gli Antichi Egizi, fino ad approdare alle più recenti metodiche che sfruttano la robotica e la realtà aumentata.

Nel ventunesimo secolo, l’affinarsi delle tecniche chirurgiche, delle conoscenze anatomiche e meccaniche hanno permesso di mettere a punto un tipo di chirurgia precisa e mini-invasiva: la chirurgia robotica.

L’avvento dei robot in sala operatoria ha rivoluzionato completamente i trattamenti chirurgici: se prima il chirurgo metteva le mani all’interno del paziente, adesso si trova a controllare gli strumenti da un console lontano dal campo operatorio, al contempo agendo con una precisione che era ritenuta impossibile fino a qualche anno fa.

Il sistema chirurgico Da Vinci

Al giorno d’oggi, lo strumento più utilizzato che permette di effettuare la chirurgia robotica è il sistema chirurgico Da Vinci. Messo a punto nella Silicon Valley dalla Intuitive Surgery, nel 2000 ottenne l’autorizzazione dalla FDA per la chirurgia laparoscopica. Il robot da Vinci è munito di quattro bracci (ricorda un po’ un polpo), tre dei quali deputati a sostenere strumenti operativi quali forbici, pinze, elettro-bisturi etc, mentre il quarto è dedicato a una telecamera attraverso cui il chirurgo può osservare un’immagine tridimensionale e magnificata della zona operata attraverso la console di comando. Tale console, posta ad alcuni metri di distanza dal paziente, fuori dal campo sterile, è munita di controller con i quali l’operatore manovra i bracci meccanici con fini movimenti del polso e delle dita. I bracci del robot vengono posizionati dal personale di sala operatoria, e vengono inseriti all’interno del paziente mediante apposite incisioni (“porte”) la cui posizione varia a seconda dell’intervento chirurgico.

Una nuova chirurgia

Il ricorso alla chirurgia mini invasiva ha portato con sé numerosi vantaggi per i pazienti: minori tempi di degenza (interventi che prevedevano settimane di ricovero al giorno d’oggi comportano una degenza di due o tre giorni), minori sanguinamenti con minor ricorso a trasfusioni ematiche, ferite chirurgiche più piccole, meno visibili (a nessuno piace avere una cicatrice di 40 cm sulla pancia…) e meno dolenti. 

Non bisogna trascurare, inoltre, che alcuni interventi (come la prostatectomia radicale nerve sparing) potrebbero anche non avere solo un obiettivo oncologico (sempre e comunque principale), ma anche degli obiettivi funzionali: è stato dimostrato che il ricorso alla tecnologia robotica nella prostatectomia radicale si associa a risultati migliori per quanto riguarda la disfunzione erettile e l’incontinenza urinaria. Tutto ciò con costi complessivi più elevati e necessità di avere personale medico e infermieristico altamente specializzato (elemento non scontato in moltissimi ospedali).

È sempre meglio usare l’approccio robotico?

Nonostante l’utilizzo del DaVinci in sala operatoria abbia di fatto rivoluzionato la moderna chirurgia, è anche lecito chiedersi: vale davvero la pena investire in questo tipo di chirurgia? Parlando di risultati chirurgici, l’approccio robotico porta a risultati migliori? Sin dall’avvento dei primi robot chirurgici molti autori hanno cercato di rispondere a questa domanda. Nel corso degli anni molteplici studi hanno dimostrato una sostanziale sovrapposizione dei risultati perioperatori tra chirurgia laparoscopica e robotica, soprattutto negli ambiti gastroenterologico e ginecologico.

Alla luce di ciò, quali sono i reali vantaggi della chirurgia robotica? Perché preferirla alla laparoscopia? In realtà non esiste una risposta univoca a questa domanda, poiché bisognerebbe prendere in considerazione il tipo di chirurgia in questione, gli obiettivi oncologici e quelli funzionali.

Affermare che il robot “è meglio” della laparoscopia è senza dubbio sbagliato: come spesso accade, non è tanto la strumentazione utilizzata in sala operatoria a fare la differenza quanto più l’esperienza e l’abilità del chirurgo. In parole semplici, affidarsi ad un Centro solo perché “ha il robot” non garantisce risultati migliori, allo stesso modo non ha assolutamente senso diffidare di un Medico solo perché “non usa il robot”.

Chirurgo robotico o robot chirurgo? C’è ancora la mano dell’uomo…

La tecnologia messa a disposizione dalla chirurgia robotica è impressionante: la telecamera fornisce una visione tridimensionale del campo chirurgico, i controller permettono di eseguire movimenti finissimi senza il “tremolio” fisiologico delle mani umane, la realtà aumentata permette di vedere vasi sanguigni e masse tumorali attraverso le strutture, prima ancora di inciderle. Nonostante queste risorse complesse e utili, non bisogna mai dimenticare un elemento fondamentale: il DaVinci è solo uno strumento, è comunque il chirurgo a “muovere le fila” grazie alla sua conoscenza anatomica e abilità pratica. É per questo che la padronanza del robot deriva da un lungo e costante allenamento e viene affinata con anni di esperienza.

Magari un giorno gli esseri umani smetteranno di fare i chirurghi, sostituiti da eserciti di “polpi di metallo” in grado di eseguire i più disparati interventi chirurgici, ma per ora, con buona pace dei fan di Asimov, dovremo accontentarci dei nostri medici in carne e ossa.

 

Bibliografia

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