Quando pensiamo alle buone pratiche per un invecchiamento in salute, il collegamento con l’arte non è immediato. Il nostro primo pensiero corre all’alimentazione o all’attività sportiva. Ma le moderne neuroscienze cognitive ci mostrano quanto e come l’esperienza estetica e la fruizione del bello contribuiscano al nostro benessere e alla nostra salute.
Il cervello estetico
L’arte è un prodotto della creatività umana fin dai tempi in cui i nostri antenati vivevano nelle caverne, dove attraverso pitture e incisioni rupestri rappresentavano scene di caccia e rituali. Attraverso le opere d’arte è possibile registrare o descrivere oggetti, eventi e momenti, ma è anche possibile esprimere sentimenti, opinioni e atteggiamenti.
Ma la fruizione di un’opera d’arte è qualcosa di più della comprensione di un messaggio veicolato da segni grafici: a nessuno verrebbe in mente di considerare opera d’arte le istruzioni di sicurezza che troviamo illustrate nel classico opuscolo sull’aereo.
La fruizione di un’opera d’arte dà vita a quella che viene definita percezione estetica: la visione dell’oggetto estetico (un dipinto, una scultura, ma anche un paesaggio) sembra manifestare una qualità particolare che non riusciamo pienamente a definire, ma che stimola il nostro pensiero, le nostre emozioni e la nostra immaginazione e ce la fa giudicare “bella”.
Che cosa succede nel nostro cervello di fronte alla bellezza dell’arte?
Oggi, le moderne neuroscienze hanno il privilegio di poter indagare i processi dell’esperienza estetica in un cervello sano per mezzo di moderne tecniche come il neuroimaging funzionale. Non molto tempo fa gli scienziati potevano solo ipotizzare quali funzioni cerebrali fossero coinvolte nell’esperienza estetica osservando i pazienti con lesioni neurologiche.
Questi studi hanno definitivamente appurato che tutta l’esperienza umana è mediata attraverso il cervello e non è un prodotto del mondo esterno che viene semplicemente percepito dai nostri sensi. Per questo motivo, più importante è l’esperienza, più può rivelare e modificare le proprietà fondamentali del cervello stesso. Possiamo oggi affermare che le esperienze estetiche sono controllate da circuiti cerebrali presenti in tutti gli esseri umani. Sono imperativi evolutivi, codificati nel DNA come parte essenziale della natura umana e sono fondamentali per la salute, il benessere e l’apprendimento.
Lo studio sull’intersezione tra neuroscienze e arte è stato definito “neuroestetica” alla fine degli anni ’90 da Semir Zeki, rinomato neuroscienziato dell’University College di Londra. Presto si è formato un gruppo di studiosi che ha definito la neuroestetica come una triade di sensazioni, emozioni e significato che può innescare una risposta corporea ed emotiva che porta a un senso di significato personale più profondo. In pratica, le sensazioni evidenti come gioia o dolore emergono solo dopo che il cervello registra cambiamenti fisici nel corpo. Tuttavia, il cervello è costantemente connesso con l’ambiente e contemporaneamente riceve segnali dall’interno corpo e usa queste informazioni per costruire mappe neurali. I sentimenti si manifestano quando le mappe vengono lette e diventa evidente che i cambiamenti emotivi sono stati registrati.
Come funziona il cervello estetico
Secondo la biologia evoluzionista, l’opera d’arte agisce sul cervello attivando circuiti di ricompensa, piacere e altre emozioni. Ciò determina la produzione di sostanze chimiche da parte dei neuroni come la dopamina, la serotonina e l’ossitocina. Queste sostanze innescano sensazioni di piacere ed emozioni positive. Gli studi di neuroimaging funzionale hanno visto questi centri del piacere attivarsi nel cervello quando contempliamo le arti o ci impegniamo in esperienze estetiche.
Sembra inoltre che l’esperienza estetica sia collegata ai neuroni specchio, un particolare tipo di neuroni che si attivano sia durante l’esecuzione di un movimento sia durante l’osservazione di un’azione motoria eseguita da un’altra persona. La visione di un’azione, ma anche di un’emozione, induce nell’osservatore l’automatica simulazione di quell’azione o emozione (simulazione incarnata).
Secondo alcuni ricercatori (Gallese & Freedberg, 2008) il fenomeno della simulazione incarnata sarebbe alla base delle risposte emotive alle opere d’arte, producendo una particolare forma di immedesimazione.
Tutte queste ricerche sembrano confermare che l’esperienza estetica e l’arte abbiano un collegamento con la nostra sopravvivenza come specie: l’arte svolge ancora oggi la stessa funzione primaria, aiutandoci a comunicare e connetterci, proprio come ha fatto nel nostro passato evolutivo di migliaia di anni fa. Siamo pertanto progettati per vivere esperienze estetiche, dal mondano al sublime. Sembra quasi che la spinta a fare e a fruire arte sia codificata nei nostri geni, risalendo al DNA dei nostri primi antenati.
Esperienza estetica e salute: cosa sappiamo
È noto che l’arte è sempre stata utilizzata come strumento di guarigione nel corso dei secoli, dal canto sacro degli sciamani e dai rituali di danza dei nativi americani fino alle teorie sulla cromoterapia dei giorni nostri. Eppure, nonostante l’utilità universale e onnipresente dell’esperienza estetica, è solo negli ultimi 15 anni che la ricerca scientifica ha finalmente raggiunto l’idea che l’arte è capace di influenzare l’invecchiamento e la salute. Oggi il campo si è evoluto con un numero crescente di prove scientifiche che dimostrano l’impatto diretto delle arti visive, dell’architettura, del design, dei media digitali e della musica sul cervello umano, sulla biologia e sul comportamento. Gli scienziati possono ora identificare i biomarcatori che offrono modi oggettivi e misurabili per caratterizzare i cambiamenti indotti dalle esperienze estetiche. È possibile anche utilizzare dispositivi mobili e sensori indossabili intelligenti per misurare i cambiamenti nella respirazione, nella temperatura corporea, nella frequenza cardiaca e nelle risposte della pelle quando le persone sperimentano o creano arte. Queste nuove tecnologie portatili ci consentono di acquisire informazioni più accurate man mano che gli esseri umani interagiscono con il mondo in tempo reale.
Il campo della neuroestetica offre prove basate sulla ricerca che una varietà di approcci basati sull’arte può funzionare per migliorare la qualità della vita, la mobilità, la salute mentale, la parola, la memoria, il dolore, l’apprendimento e in ultima analisi l’invecchiamento sano. Tali interventi potrebbero potenzialmente ridurre il costo e il peso sociale di malattie croniche tipiche dell’invecchiamento, disturbi neurodegenerativi e problemi di salute mentale per milioni di persone.
La connessione tra cervello e arte è forte e bidirezionale. Dobbiamo sempre più rivolgerci all’arte, ne abbiamo bisogno, grazie alla sua capacità di commuoverci, di indurre sentimenti, stati d’animo e stati mentali.
Per approfondire
Quali sono?
MEMORIA: capacità di ricordare le informazioni e di recuperarle al bisogno. I due tipi principali di memoria sono: la memoria a lungo termine, che ha capacità illimitate e può conservare le informazioni per periodi estremamente lunghi e la memoria di lavoro (o a breve termine), che è un sistema per il mantenimento temporaneo delle informazioni. Oltre alla memoria dichiarativa che riguarda tutte le conoscenze esplicite che possediamo sul mondo, possediamo anche una memoria procedurale, che è costituita dalle conoscenze che non sono esprimibili a parole (come andare in bicicletta, guidare l’auto, ecc.).
APPRENDIMENTO: processo di acquisizione e di modificazione delle abilità comportamentali in risposta a esperienze maturate nell’ambiente.
LINGUAGGIO: capacità di tradurre i suoni o le scritte in parole (la comprensione) e l’abilità di generare output verbali o scritti (la produzione del linguaggio).
FUNZIONI ESECUTIVE: processi cognitivi superiori che supervisionano, dirigono e controllano le funzioni di base (percezione, controllo motorio, linguaggio, ecc.) nella guida del comportamento diretto a uno scopo. Queste comprendono la capacità di pianificare un’azione complessa, in vista di un obiettivo, seguendo tappe ben precise e ordinate e di monitorarne l’esecuzione; la flessibilità cognitiva, attraverso cui riusciamo a passare velocemente da un compito a un altro, che ci supporta a cambiare le strategie messe in atto nella risoluzione di un compito, in base alle informazioni che arrivano dall’ambiente; i processi decisionali; la regolazione delle emozioni e del comportamento, grazie alla quale riusciamo a modificare ed inibire alcuni comportamenti in base al contesto in cui ci troviamo ed infine la motivazione.
Ogni abilità cognitiva può coinvolgere una specifica area del cervello oppure essere il frutto di una rete di connessioni fra diverse aree cerebrali. Il segreto alla base di queste funzioni altamente evolute si chiama plasticità. Cioè la capacità che i nostri neuroni hanno di creare nuove connessioni tra loro e nuovi circuiti.
A cura di Claudio Molinari
Riferimenti bibliografici
Magsamen S. (2019). Your Brain on Art: The Case for Neuroaesthetics. Cerebrum : the Dana forum on brain science, 2019, cer-07-19
Di Dio C, Gallese V. Neuroaesthetics: a review. Curr Opin Neurobiol. 2009 Dec;19(6):682-7. doi: 10.1016/j.conb.2009.09.001. Epub 2009 Oct 12. PMID: 19828312