Questo è il terzo di una serie di articoli in cui abbiamo approfondito l’argomento del movimento e dell’esercizio fisico, uno tra gli strumenti più utili per contrastare l’invecchiamento e le malattie croniche e che, per ora, è ampiamente sottovalutato. Ma le persone più fragili possono svolgere esercizio fisico? In questo caso sono maggiori i rischi o i benefici?

Programmare l’allenamento dell’anziano

In funzione della storia medica, dell’esame soggettivo, dell’esame fisico e dei test di valutazione, il fisioterapista concorderà con il paziente e con il suo familiare, un programma di allenamento con l’obiettivo di recuperare le funzioni alterate dalla patologia o dall’inattività fisica. Infatti, in linea generale, l’apparato cardiovascolare e muscolo-scheletrico vanno incontro a pesanti involuzioni già dai primi giorni di immobilità, soprattutto nell’anziano già debilitato. Tra le principali conseguenze dell’inattività, troviamo la riduzione del volume del sangue, della frequenza cardiaca massima e della capacità aerobica, della massa e della forza muscolare e quindi della capacità di generare forza, col risultato di abbassare la tolleranza allo sforzo.
Dal punto di vista metodologico, la forza e la resistenza alla forza hanno la priorità poiché rappresentano la base su cui si costruiscono i trasferimenti e i passaggi posturali. Una volta che queste abilità sono state consolidate , si può iniziare a lavorare sui disturbi dell’equilibrio sia da seduti che da in piedi.

La progressione dell’allenamento per l’anziano

È necessario pianificare con attenzione la progressione dell’allenamento. Ad esempio, quando il paziente riesce già sedersi e ad alzarsi con l’aiuto delle mani ma ha bisogno di appoggiarsi a un deambulatore, nei primi giorni si può creare una progressione sul volume, cioè uno schema di esercizi con serie e ripetizioni che il paziente può eseguire correttamente e in sicurezza resistendo in piedi almeno 10-30 secondi. Una volta che il paziente è in grado di eseguire, ad esempio, 10-15 ripetizioni del passaggio dalla posizione seduta a quella in piedi con l’aiuto delle mani o di una sedia alta, possiamo creare una progressione eliminando l’uso di una mano e/o iniziando a lavorare sull’equilibrio. Si può ridurre il tempo di appoggio delle mani in stazione eretta o aumentare il tempo in cui il paziente rimane in piedi a 45 secondi.

Il dosaggio dell’esercizio dipende molto dalle condizioni iniziali del paziente, ma generalmente, per una persona anziana debilitata e senza particolari controindicazioni, è opportuno iniziare con una intensità molto bassa e suddividere l’esercizio in diverse sessioni durante il giorno. Questo approccio evita di un eccessivo affaticamento del paziente a livello centrale, ma al contempo fornisce uno stimolo allenante sistemico, che in questo caso agirà principalmente sulla coordinazione neuromotoria.
L’esempio classico è quello di una persona affetta da una sindrome ipocinetica, condizione caratterizzata da una ridotta o assente autonomia del movimento. Supponiamo che questa persona, nonostante le difficoltà, sia ancora in grado di camminare per circa 3 metri con l’ausilio di un deambulatore, per poi arrivare al massimo dello sforzo, con dispnea superiore al 7 su una scala da 0 a 10 o con sensazione di debolezza delle gambe o disequilibrio. In una situazione del genere, si potrebbe far camminare la persona per circa 1,5 o 2 metri, ogni una o due ore, ad esempio nei momenti in cui ha la necessità di andare in bagno: in questo modo si incoraggia non soltanto il camminare, ma anche l’esecuzione dell’esercizio da seduti a in piedi, sul quale poi possono essere aggiunte delle progressioni.

I vantaggi dell’exercise snacking

Questo allenamento “a spizzichi e bocconi”, chiamato in gergo “exercise snacking”, può essere adottato inizialmente da tutti, anziani e non.
Prove crescenti suggeriscono che dosi minime di esercizio, caratterizzate da sessioni più brevi rispetto a quanto suggerito dalle linee guida, possono comunque migliorare la capacità funzionale. Questo approccio del “poco ma spesso” contribuisce a superare alcuni ostacoli alla partecipazione e all’aderenza al piano di allenamento e possono avere implicazioni positive sulla fattibilità e progressione del programma, poiché gli esercizi possono essere inseriti nella giornata senza togliere troppo tempo ed energie, purché si segua un piano preciso. Inoltre, esercizi brevi ma frequenti a dose minima possono ridurre la sedentarietà e ridurre il peso delle malattie croniche, limitando anche sentimenti negativi, come disagio, fatica, noia, che possono essere associati a volumi di allenamento più elevati.
L’esperienza clinica suggerisce che questo approccio a intervalli può essere ideale anche nelle fasi iniziali di recupero dopo un trauma o un intervento chirurgico, soprattutto agli arti inferiori. Esercitarsi poco, ma spesso, vuol dire anche non creare sovraccarichi, grazie a volumi di allenamento diluiti (bassa densità) che non suscitano eccessivamente la risposta infiammatoria o il dolore e non influiscono sulla qualità del movimento o sulla fatica. La qualità dell’esercizio deve essere la priorità assoluta, tranne in casi in cui i compensi sono funzionali e non sono recuperabili.
In seguito, dopo diverse settimane di allenamento, si potranno dilazionare le sedute per aumentare l’intensità e il volume a discapito della frequenza, fino ad arrivare a soddisfare le linee guida OMS, come già discusso in un altro articolo.

Controindicazioni all’attività fisica

L’attività fisica, intesa anche come esercizio fisico, deve essere sempre raccomandata, soprattutto quando non si raggiungono i livelli minimi consigliati dall’OMS, e va sempre incoraggiata e sostenuta.
Secondo l’American College of Sports Medicine, per i sedentari sani e asintomatici (che non hanno svolto attività fisica per almeno 30 minuti per 3 volte a settimana negli ultimi 3 mesi) e per i sani che svolgono attività fisica da leggera a moderata, non ci sono controindicazioni e si può passare all’attività fisica intensa (VAS 7-8\10) con gradualità dopo circa 2-3 mesi di allenamento progressivo.
Ovviamente per le persone che presentano sintomi (dolore al petto, affanno, vertigini) o per i sedentari con patologie cardiovascolari, va sempre consigliata una visita specialistica per monitorare eventualmente il funzionamento del cuore sotto sforzo.

Per le persone già attive, anche se affette da patologie, è necessaria la visita cardiologica solo nel caso in cui si voglia intensificare l’attività fisica: infatti se le patologie croniche sono stabilizzate e ben controllate, non ci sono particolari controindicazioni, ma un’anamnesi approfondita, ed eventuali successivi accertamenti, limitano i rischi connessi all’attività fisica.
L’attività leggera – senza fatica né fiatone – come la ginnastica dolce, gli esercizi per l’equilibrio, lo stretching e i lavori di casa ordinari non comporta rischi particolari.
In altre parole, per le persone con patologie croniche stabilizzate, i benefici dell’esercizio fisico superano di gran lunga i rischi, anche se spesso i pazienti percepiscono questi ultimi come molto alti.

In conclusione, anche l’attività fisica moderata richiede prudenza e controlli medici preliminari, specialmente quando coinvolge persone con patologie cardiovascolari o segni di malessere anche nei sani, o se si inizia un programma da una condizione di completa sedentarietà. Se invece si è già attivi, è opportuno un consulto medico prima di passare a un programma di attività fisica intensa.

Per le persone con patologie croniche, che hanno ricevuto un’adeguata diagnosi e una terapia di controllo, l’attività fisica è di fondamentale importanza per un invecchiamento sano. Deve essere eseguita gradualmente, personalizzando il livello di partenza. È fondamentale che i pazienti siano ben istruiti sulle progressioni dell’allenamento e siano informati sui segni e sintomi da rispettare.
Inoltre, è importante affrontare in modo appropriato la paura e le preoccupazioni legate alle credenze errate sui rischi associati all’attività fisica, sia da parte del paziente che dei professionisti sanitari non specializzati in esercizio.

 

Bibliografia

 

 

 

 

 

 

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