“Mantenere una buona funzionalità dell’apparato respiratorio salvaguarda la salute in generale”. Così afferma Mario Malerba, Professore Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio Dipartimento di Medicina Traslazionale – Università del Piemonte Orientale e Direttore Struttura Complessa di Pneumologia Asl di Vercelli, Ospedale S. Andrea in questa intervista dedicata alle alterazioni fisiologiche dell’apparato respiratorio correlate all’avanzare dell’età.

Professore, quali sono i fattori che contribuiscono all’invecchiamento del sistema polmonare e come si modifica la funzionalità respiratoria nell’anziano?

Alcuni organi, come l’encefalo, invecchiano tardi, altri più rapidamente. Ai polmoni spetta il ben poco invidiabile primato di invecchiare prima di tutti essendo vulnerabile agli agenti esterni. Lo dimostra il fatto che anche nei soggetti sani, già a partire dai 40 anni di età si evidenzia un progressivo declino della funzionalità dell’apparato respiratorio.
Il principale fattore di rischio associato all’invecchiamento dei polmoni è senza dubbio il tabagismo. Da una parte produce infiammazione, dall’altra causa una prematura senescenza dell’apparato respiratorio, un progressivo decadimento, aumentando il rischio di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), una malattia dal decorso lento e progressivo responsabile di sintomi molto gravi. Altri fattori di rischio sono l’inquinamento ambientale, inteso come atmosferico e domestico derivato dall’utilizzo di camini o stufe per riscaldarsi, e l’esposizione costante in ambito professionale a inquinanti.
In un soggetto sessantenne, in assenza di fattori di rischio, il declino fisiologico della funzione respiratoria può essere asintomatico ma il quadro si complica quando si associa l’abitudine al tabacco o l’aver lavorato a contatto con polveri o sostanze tossiche, per esempio nei cantieri stradali o edili. In questi casi il declino del FEV1, ossia dell’indice che misura l’efficienza della ventilazione polmonare, risulta più rapido in quanto si sommano più fattori di rischio. Riassumendo, l’invecchiamento fisiologico e patologico riduce l’elasticità del polmone rendendo la ventilazione meno efficiente.

Esiste una predisposizione genetica all’invecchiamento precoce del polmone?

L’unica causa nota è il deficit di Alfa-1antitripsina, condizione derivata da una mutazione genetica rara ed ereditaria. Nei soggetti omozigoti, o che non producono questo enzima può svilupparsi un enfisema anche prima dei 35 anni, in assenza di altri fattori di rischio. La prevalenza di questa malattia nella popolazione dell’Europa Occidentale è però molto bassa in percentuale, ma deve essere sempre attentamente indagata.

Cosa si intende per immunosenescenza dell’apparato respiratorio?

In generale possiamo definire l’immunosenescenza come una ridotta efficienza dei meccanismi di difesa legata all’età, che rende l’anziano più soggetto alle patologie infettive, oncologiche e autoimmuni. Nel naturale processo di invecchiamento si verifica, infatti, un declino delle difese immunitarie, sia della componente cellulare, intesa come l’attivazione dei macrofagi e dei linfociti T, sia umorale mediata dagli anticorpi. Risultano entrambe alterate a livello sistemico. L’immunosenescenza polmonare, nello specifico, è legata a un quadrante di fattori che possiamo identificare con l’infiammazione prodotta dal tabagismo, l’invecchiamento che modifica l’elasticità del polmone, l’autoimmunità tipica della terza età e, infine, con il cambiamento dei livelli di citochine alveolari caratterizzata da un aumento di neutrofili – una tipologia di globulo bianco la cui funzione è catturare ed eliminare agenti estranei, per esempio i batteri – e interleuchine 6 e 8 (IL6 e lL8) – sostanze che funzionano da mediatori fra le cellule del sistema immunitario e che stimolano la loro proliferazione – correlato allo stress ossidativo.

Qual è il legame dell’immunosenescenza con l’aumento di incidenza di infezioni polmonari negli anziani?

A livello dell’apparato respiratorio il progressivo indebolimento del sistema immunitario tipico dell’anziano si manifesta con la comparsa di una low grade inflammation o incremento dei livelli basali dell’infiammazione delle vie aeree e dello stress ossidativo che può determinare una riduzione della capacità respiratoria. Come illustrato, negli ultra settantenni si verificano sia alterazioni immunologiche sistemiche sia alterazioni cellulari locali negli alveoli, la porzione terminale dell’albero bronchiale ove avvengono gli scambi gassosi. Possiamo paragonare il polmone a una tubatura esposta alle intemperie: con un’accurata manutenzione, gli agenti atmosferici provocheranno danni più lievi se paragonati a quelli che si verificano in assenza di cura. Lo stesso vale per la low grade inflammation. Quando il soggetto – e quindi il polmone – è esposto a inquinamento ambientale, professionale o domestico lo stato infiammatorio peggiora perché si verifica un aumento del reclutamento di neutrofili e di produzione di interleuchine. L’immunosenescenza colpisce tutti indistintamente ma gli effetti peggiorano in presenza dei fattori di rischio. Alcune condizioni come la BPCO, malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, sono legate allo stato infiammatorio e hanno una prevalenza maggiore nella popolazione over 60 anni. Si ritiene che l’immunosenescenza giochi un ruolo importante nella patogenesi della BPCO ma, più in generale, possiamo affermare che l’infiammazione accelera l’invecchiamento del polmone aumentando sia la morbilità, ossia lo sviluppo di tutte le malattie respiratorie, sia la mortalità. È stata dimostrata inoltre una relazione tra il declino precoce della funzionalità polmonare e lo sviluppo di altre patologie croniche di origine cardiovascolare e metabolico come lo scompenso cardiaco, il diabete e l’osteoporosi.

È utile valutare la riposta immunitaria nei pazienti anziani con infezioni polmonari ricorrenti? Come si monitora la funzionalità dell’apparato respiratorio?

Non ci sono esami del sangue specifici per stabilire il grado di immunosenescenza. I test di funzionalità respiratoria, disponibili anche in ambulatorio come la spirometria, permettono di misurare la funzionalità polmonare e stabilire la gravità della compromissione funzionale respiratoria nel soggetto anziano. Solitamente il pneumologo associa la valutazione dei sintomi e quella dell’imaging radiologico: ci si muove su due livelli, le prove di funzione respiratoria danno informazioni di tipo funzionale, mentre la TC del polmone dà informazioni di tipo anatomico, in relazione alle alterazioni legate al tabagismo e alla presenza di processi infiammatori in atto e/o esiti cicatriziali.
Le prove di funzionalità respiratoria sono caldamente raccomandate nei soggetti ultra sessantacinquenni, con fattori di rischio che non hanno ancora una diagnosi di malattia respiratoria. O anche in presenza di fattori di rischio pregressi. Queste prove funzionali ci permettono di stabilire se c’è un’alterazione della funzionalità respiratoria e di stimarne la gravità.

Sono disponibili terapie specifiche per rallentare l’invecchiamento dell’apparato respiratorio?

Per ora no. Sono però oggetto di ricerca molecole che inibiscono la produzione di neutrofili all’interno delle vie aeree e farmaci per trattare la low grade inflammation. Allo stato attuale possiamo affermare con certezza che i polmoni rimangono più efficienti quando si mantiene sotto controllo l’infiammazione. Quindi è indispensabile non fumare, evitare l’esposizione a inquinanti ambientali e adottare uno stile di vita sano riducendo il consumo di calorie, aumentando l’attività fisica, privilegiando nella dieta alimenti antiossidanti come frutta e verdura, evitando l’eccesso di lipidi, carboidrati e carni rosse. In conclusione vorrei citare lo studio di Framinghan, un’indagine epidemiologica statunitense partita oltre 50 anni fa e molto famosa che ha coinvolto migliaia di soggetti volontari colpiti da malattie cardiovascolari, appartenenti a due generazioni. Dai dati dello studio sono state ricavate numerose pubblicazioni scientifiche. Dallo studio è emerso che tra gli indicatori di morbilità e mortalità quello più significativo era la riduzione del FEV1. In altre parole una diminuita capacità polmonare riduce la sopravvivenza più di altri fattori di rischio cardiovascolari noti, come l’ipercolesterolemia, l’obesità o l’ipertensione.
Le campagne informative sulla salute dell’apparato respiratorio sono molto settoriali perché gli epidemiologi parlano di inquinamento, gli pneumologi di tabagismo e patologie correlate, i medici del lavoro di esposizioni professionali. In realtà l’approccio interdisciplinare è molto importante per ridurre lo sviluppo e la progressione di malattie associate all’accelerato invecchiamento del polmone, intervenendo principalmente sui fattori di rischio specifici.

 

A cura di Marvi Tonus

Photo by Sara Bakhshi on Unsplash

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